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Femminismo e uncinetto

L'abilità nei "lavori femminili" è davvero in conflitto con il femminismo?



Ho iniziato a lavorare all’uncinetto che ancor andavo alla scuola materna.

Mia mamma me lo ha insegnato perché i giochi mi annoiavano e spesso la imploravo di trovarmi qualcosa interessante da fare. Sfinita dalle mie lamentele, a un certo punto mia mi ha insegnato a fare la catenella all'uncinetto. Per quanto fosse un‘operazione ripetitiva e fine a se stessa, io mi divertivo tantissimo. Intanto non era un gioco vero e proprio, ma qualcosa che facevano gli adulti; poi avevo l’impressione di creare qualcosa, perché da un filo di lana potevo far venire fuori qualcosa di nuovo e diverso, con mille potenzialità; guardavo con invidia i lavori elaborati che mia mamma era in grado di eseguire e non vedevo l’ora di poter fare altrettanto.

Col tempo ho imparato a leggere gli schemi di lavori sempre più complessi e a confezionare capi di abbigliamento dei quali sono molto orgogliosa.

Il mondo per me si divide tra chi ha una competenza più o meno elevata nell'ambito dei cosiddetti lavori femminili, e chi non li ha mai presi in considerazione. Sento una simpatia e un’affinità istintiva con chi lavora a maglia o all'uncinetto, perché so che con queste donne condivido qualcosa di speciale. Non è come praticare lo stesso sport o prediligere le stesse letture: i lavori femminili fanno riferimento a un sapere che si tramanda da madre in figlia, qualcosa che in qualche modo contribuisce a costruire la propria personalità. Se penso alla mia esperienza, lavorare all'uncinetto mi ha insegnato a non arrendermi di fronte alle difficoltà di qualcosa che non ho mai fatto prima, a superare i miei limiti, a non scoraggiarmi anche quando dopo ore di paziente lavoro sono costretta a disfare tutto e ricominciare da capo, ad avere fiducia nelle mia capacità, a imparare che se si hanno le istruzioni giuste nessuna impresa è impossibile, a essere precisa, a essere autonoma nello svolgimento di un compito, a perseverare, ad arrivare fino alla fine.

Insomma, per me lavorare all'uncinetto costituisce una parte delle mia identità e sono contenta di saperlo fare. Durante la mia infanzia praticamente tutte le donne adulte che conoscevo sapevano lavorare a maglia o all'uncinetto e l’unica distinzione era tra chi preferiva la prima e chi invece prediligeva il secondo.

Tra le mie coetanee mi capita ancora di scoprire che qualcuna di loro è appassionata di “lavori femminili” (una delle mie migliori amiche all'università era così brava a farsi i maglioni da non aver nemmeno più bisogno degli schemi), mentre se scendo di qualche anno ci sono donne che non sanno nemmeno cosa sia un uncinetto, tanto è lontano dalla loro esperienza.

Ci sono però anche donne che non lavorano a maglia o all'uncinetto perché ritengono che questo tipo di attività femminile le riconduca pericolosamente a un modello di donna superato.

Nell'immaginario comune i lavori femminili fanno parte di tutte quelle incombenze domestiche alle quali le donne si dedicavano in modo esclusivo fino a pochi decenni fa. La donna che sferruzza è il prototipo della casalinga a tempo pieno, che dopo aver sbrigato le faccende domestiche può tutt'al più dilettarsi a fare la calza per tutta la famiglia. Immagino che in passato le abilità esibite in questo ambito fossero persino motivo di competizione tra le donne e il valore delle massaie si misurasse anche in base al gusto estetico e alle competenze tecniche espresse a colpi di ferri da maglia.

A questo proposito va detto che i lavori femminili sono spesso sottovalutati, mentre richiedono manualità, coordinazione e precisione, oltre che molta pazienza. Se il loro valore dovesse essere misurato in base a parametri economici sarebbero fuori mercato: i gomitoli  di lana (o di cotone) sono molto costosi - se paragonati ai filati industriali - e per confezionare un indumento ci vogliono ore. Il prezzo finale di vendita sarebbe improponibile, ma dal punto di vista soggettivo questi capi sono preziosi. Chi ha (o aveva) una mamma o una nonna capaci di lavorare a maglia o all'uncinetto conserva sicuramente in qualche armadio uno scialle, una coperta, un maglione; io ho ancora un vestitino di lana che indossavo all'età di due anni. Hanno un valore inestimabile in termini di ricordi, ma anche in relazione alle ore di lavoro che queste donne hanno investito per confezionarli.

Non ho mai pensato che il lavoro svolto all'interno delle mura domestiche valga meno di qualsiasi altra attività; a maggior ragione sono convinta che i lavori femminili costituiscano un patrimonio e una tradizione importanti. Per questo non capisco chi critica i siti e i blog dedicati alla maglia e all'uncinetto, che sarebbero l’esibizione di una femminilità ancorata a un ruolo domestico. Per alcune non si può lavorare a maglia ed essere emancipate, perché la maglia in qualche modo fa parte del giogo che le donne hanno dovuto portare per secoli.

La maglia e l’uncinetto (così come il ricamo e il chiacchierino) hanno rappresentato per molte donne l’unico ambito nel quale poter esprimere la propria creatività, altrimenti destinata al sacrificio totale.

Chissà però cosa sarebbero state capaci di fare se il loro tempo non fosse stato del tutto assorbito da compiti di gran lunga al di sotto delle loro aspirazioni e delle loro potenzialità. Per questo i lavori femminili sono considerati una specie di condanna per generazioni di donne.

Anche ammettendo che tutto ciò sia vero, mi chiedo che cosa abbia a che fare questo scenario con il presente.

Quando sfoglio i blog o scorro la mia timeline su Instagram rimango sbalordita dalla varietà e dalla qualità degli oggetti fatti a mano da donne di tutto il mondo. Passo intere mezz’ore a studiare i modelli di manufatti meravigliosi per capire come poterli riprodurre e ogni volta penso alle capacità messe in atto e al tempo investito da ciascuna di loro per ottenere quel risultato.

Penso anche che abbiamo fatto molti progressi se oggi ci sono donne che svolgono per diletto attività che in passato facevano parte delle tante abilità della perfetta massaia, alla stregua di stendere la cera o lucidare l’argenteria.

E sono anche molto contenta del fatto che una volta dedicato tempo ed energie per confezionare questi oggetti desiderino condividerli con altre donne, spesso mettendo a disposizione in modo gratuito le relative istruzioni.

Il tema dei lavori femminili e l’immagine di donna che restituiscono attraversa il dibattito femminista anche su internet. Molte donne rivendicano la scelta di dedicarsi ai lavori femminili, e questa scelta fa precisamente parte del loro impegno femminista: ora possono fare per piacere ciò che prima ci si aspettava da loro per il solo fatto di essere donne; in verità questo assunto potrebbe valere per molti aspetti della vita delle donne, ma è vero che i lavori femminili e il femminismo sono in conflitto? Forse dipende semplicemente dal nostro immaginario: è concepibile che una femminista sia anche un’esperta in maglia e uncinetto?

Il rapporto tra lavori femminili e femminismo è stato preso in considerazione dal cosiddetto Third Wave Feminism, un movimento di donne che aspira alla rivalutazione della sfera domestica, soprattutto per quanto riguarda i lavori creativi e gli insegnamenti trasmessi da mamme e nonne. Non che questi lavori debbano poi essere considerati esclusivamente femminili: c’è infatti un crescente numero di uomini che si dedicano a uncinetto e maglia.

Se questa idea vi fa sorridere siete vittime di uno stereotipo. Ammetto di non aver mai incontrato uomini esperti in lavori femminili, ma ce ne sono molti - soprattutto all'estero. All'inizio può sembrare strano, ma perché un uomo non dovrebbe trarre vantaggio dal lavoro a maglia, esattamente come fa una donna?

Lavorare a maglia, ma soprattutto all'uncinetto, è una di quelle cose che mi trasmettono una grande sensazione di pace e di armonia con l’universo (fino a quando non sbaglio qualcosa e devo rifare tutto da capo... ), e alla fine di un lavoro sono davvero soddisfatta di me stessa: nonostante mi sia successo già molte volte, non riesco ad abituarmi alla gioia di tenere in mano qualcosa fatto da me.

Per questo devo ringraziare mia mamma, che mi ha insegnato a lavorare all'uncinetto, e mia nonna, che lavorava a maglia e che mi ha suscitato in me il desiderio di imparare.

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